L’Unità d’Italia è di questi tempi un argomento talmente hot da essere radioattivo. E sono numerosi i libri, revisionisti e non, che romanzano quei tempi, epica che non abbiamo più conosciuto e che a rigore non si potrebbe neanche definire l’epica dell’Italia perché l’Italia come la conosciamo non c’era ancora, come non ci sarebbe stata neanche dopo la breccia di Porta Pia.
Ma torniamo al Risorgimento Italiano ed al libro Maestro Domenico scritto da uno come Narciso Feliciano Pelosino che quegli anni, quelle giornate, quell’epica l’ha vissuta veramente anziché leggerla su documenti per tirarne fuori un romanzo capace di vendere in virtù del particolare momento di lancio. Il futuro senatore del regno usa gli occhi e la testa di un artigiano, il maestro Domenico del titolo, per rendere l’idea della portata e della repentinità che il Risorgimento ebbe nelle e sulle vite delle persone comuni, sui contadini e sugli artigiani. Uno sguardo colto su quegli anni e quelle vicende, sicuramente tumultuose, che sono state alla base della nostra Unità.
Vivere il Risorgimento non giorno per giorno, abituandosi alle novità, ma tutto d'un colpo, addormentandosi nel sereno Granducato di Toscana e risvegliandosi nel massonico Regno d'Italia, alla vigilia della presa di Roma. Questo capita al buon Maestro Domenico: e l’onesto falegname, da buon cattolico, non può che rimanerne sconvolto.
La Rivoluzione può non essere interamente sanguinaria: spesso riesce a raggiungere il proprio scopo attraverso una serie di piccoli atti, eventualmente supportati da qualche grande evento violento e sanguinario. Ciò è accaduto con la rivoluzione dei costumi (il ‘68) e con la Rivoluzione italiana, più conosciuta come Risorgimento: l’atto violento (l’invasione garibaldina e la conseguente discesa dell'esercito piemontese) era stato preceduto, fu accompagnato e sarebbe stato seguito da una serie di azioni, di prese di posizione culturali, di mode, di battage propagandistico, di leggi che aveva contribuito a cambiare la mentalità della popolazione e che permise di far percepire una guerra di aggressione come una lotta popolare di liberazione. Manzoni stesso contrappose la Rivoluzione italiana a quella francese proprio sottolineandone la mancanza di eccessiva violenza. Solo mutamenti graduali accettabili dalla maggior parte della popolazione italiana.
Ma come sarebbe stata percepita se, anziché in dieci anni, i cambiamenti fossero stati imposti nel giro di una settimana? Un simile scenario viene immaginato dal romanzo Maestro Domenico: il sonno prodigioso del protagonista gli permette un giudizio più obbiettivo di quello dato dai suoi compaesani, “mitridatizzati” da uno stillicidio di innovazioni e quindi incapaci di percepirle nella loro reale complessiva portata.
Narciso Feliciano Pelosini (Fornacette di Calcinaia 9/06/1823 - Pistoia 9/07/1896), brillante avvocato, deputato dal 1882 al 1890 e quindi senatore del Regno, fu docente di Diritto penale all’Università di Firenze e Accademico della Crusca. Fortemente critico verso l’unificazione sabauda e sostenitore del “buon tempo antico” di leopoldina memoria, utilizzò la letteratura popolare per rappresentare in termini semplici e accessibili a tutti le disgrazie connesse al nuovo regime istituzionale in Toscana (come nel resto della Penisola). Il discorso che Pelosini compie sul Risorgimento può essere applicato al principio rivoluzionario in generale e quindi a tutte le sue espressioni concrete.
Maestro Domenico di Narciso Feliciano Pelosini edito da Edizioni Solfanelli pagg. 128 - 10,00 euro
http://www.edizionisolfanelli.it/maestrodomenico.htm
Massimo Bencivenga |